venerdì 25 febbraio 2011

Tra i meandri dell’informazione

Viviamo nella società dell’informazione. Ogni giorno veniamo in contatto con una quantità esorbitante di informazioni provenienti da tv, radio, giornali, internet…

Questo continuo input di dati sottopone il cervello a recepire, filtrare e giudicare i messaggi ricevuti e classificarli in pochi in base alle priorità oltre a valutarne la fonte e decidere che posizione assumere.

In questa miriade di dati mi domando, cos’è oggi l’informazione?

Una delle definizioni è la seguente: “è il diritto che in ossequio al principio della pubblicità dell'azione amministrativa consente ai cittadini di essere informati sui procedimenti in corso, sulla loro durata e sui funzionari responsabili degli stessi, nonché di accedere a notizie e ad atti in possesso della pubblica amministrazione”.

Qualcuno però, oggi sostiene che l'informazione sia stata uccisa dall'attenzione esagerata per l'effimero, dall'eccesso di notizie costruite su altre notizie, in un teatrino di commenti, opinioni e banalità.

A che tipo di informazione siamo sottoposti? A chi spetta il compito di informare? Come ci si deve orientare nella marea di notizie che ci travolgono ogni giorno? Quali fonti considerare attendibili?

Le idee che ci creiamo, la rappresentazione del mondo che ci costruiamo, quanto sono influenzate dai media? Si crede di essere informati su quello che succede nel mondo, ma non è forse questa un'illusione?

Credo si abbia solo un assaggio di ciò che accade, e cioè quello che le reti televisive o i giornali decidono di divulgare. Notizie che ci arrivano per la maggior parte carenti di elementi e spiegazioni.

Ma cosa sappiamo veramente?

Nonostante la facilità con la quale siamo sommersi quotidianamente dalle notizie, ho l'impressione che ci sia più quantità che qualità, è come se avessimo una minore conoscenza che stride in rapporto alla quantità di mezzi di comunicazione a disposizione.

Link: http://www.youtube.com/watch?v=paGkZnwTt3c

I telegiornali hanno a disposizione tempi ridotti, che non consentono di approfondire e, per questo motivo, le reti televisive inseriscono programmi dedicati al dibattito; a questo proposito mi limiterò ad osservare che non sempre questi spazi vengono concessi o sono liberi da “censure” e che ad ogni modo, quello che spesso accade, è vedere questi scambi di opinioni trasformarsi in insulti, che di certo non contribuiscono a chiarire le idee.

Ogni notizia viene influenzata da correnti di pensiero, dalla politica, dall'opinione di chi la trasmette.

Non si può essere così ingenui dal nontenere in considerazione tutto questo quando ci si informa. Mi chiedo se è possibile trovare imparzialità, neutralità, ed oggettività nell’informazione.

L'informazione è per definizione quello strumento che permette la circolazione delle idee, notizie e avvenimenti. Un'informazione corretta ed obiettiva è essenziale nel regime democratico perché ne costituisce il fonda

mento, la garanzia per le scelte dei cittadini e la formazione dell'opinione pubblica. É quindi un servizio formativo, educativo in grado di offrire strumenti critici a chi ne fa uso.

Imparare a valutare gli interessi che stanno dietro alle fonti non è sempre facile, come non lo è a volte valutare la veridicità delle notizie.

Osservare e imparare a fidarsi delle proprie impressioni, avere una verità che orienti, che sia coerente, ragionare, vagliare e informasi sullo stesso argomento da fonti diverse può essere una soluzione.

Ma ci vuole tempo, siamo in un mondo caotico, frenetico, dove il tempo sembra non bastare mai e così si corre il rischio che le persone finiscano per crearsi un'opinione sulla base di un'unica fonte, oppure disincantate perdano la fiducia fino ad arrivare a disinteressarsi completamente.

Un’altra questione che reputo interessante parlando dell’informazione è l’etica; dov'è finita?


Esistono delle carte deontologiche giornalistiche. Esiste un Ordine dei giornalisti, che ha firmato una serie di protocolli per fissare le regole della corretta informazione cui il giornalista deve attenersi nello svolgimento della sua professione. Tali protocolli che servono anche alla tutela dei diritti dei terzi, rappresentano un corpus di regole deontologiche che ogni giornalista è tenuto a conoscere ed osservare. Siamo proprio sicuri che quest'ultime vengano rispettate?

Mi chiedo, ma è davvero necessario che tutto sia regolato? Dov'è il buon senso, dov'è il senso di responsabilità?

Perché si vedono apparire sempre più notizie che paiono avere come unico scopo quello di far audience piuttosto che informare la popolazione? Un conto è lo spettacolo (nel quale la nostra società è immersa) un altro è l’informazione; che NON è spettacolo; e il compito di una corretta informazione non può essere quello dell'intrattenimento.

Ogni giornalista dovrebbe rendersi conto della responsabilità che detiene e aver chiaro quali sono stati i criteri che l'hanno indotto a selezionare una data notizia e a reputarla importante da renderla pubblica.

Il giornalista non può essere obiettivo; egli come essere umano interpreta le notizie che riceve, che però è ben diverso dal manipolarle o falsarle, egli infatti deve approssimarsi il più possibile alla verità; egli è responsabile di ciò che scrive. Non ha forse il compito di verificare e accertarsi delle notizie che diffonde? Egli non può spacciare una “sua” verità per LA verità; ed è proprio questo a definire la sua credibilità.

Questa credibilità che è continuamente minacciata dalle commissioni editoriali, dalle rendite di posizione, e dal conflitto di interessi.

Per evitare che il giornalismo perda la sua dignità e credibilità bisognerebbe verificare meglio che le regole deontologiche siano rispettate.

Ho avuto modo di notare la presenza di un’altra importante minaccia nel mondo della trasmissione delle notizie: La Pubblicità.

Informazione = mercé della pubblicità?

Il problema nasce quando l'obiettivo degli organi d'informazione diventa principalmente quello di ottenere consenso per poter vendere di più. Allora si diffonde solo ciò che la gente vuole “sapere”, solo ciò che colpisce, che fa audience, in modo da poter vendere di più e guadagnare più soldi dagli spazi pubblicitari.

Più lettori/ascoltatori un giornale o telegiornale possiede più quest'ultimi possono guadagnare dalla pubblicità. L'informazione non può basarsi sul successo altrimenti si avrà solo un mercato della pubblicità.

La pubblicità che diventa un tassello della politica, un potere, e non più un fatto neutro, uno strumento usato, ad esempio, per far conosce e vendere un giornale. Oggi si pubblicano giornali per la pubblicità che contengono. I ruoli si sono invertiti.

I giornalisti dovrebbero dire ciò che va detto per divulgare conoscenza tra la popolazione, invece purtroppo, dietro all'informazione c'è un mondo di conflitti di interessi, di corruzione, di giornalisti ricattati o ricattatori. Il “dio denaro” comanda indisturbato mentre il senso del dovere, e di responsabilità viene annientato.

L' Informazione è dunque nelle mani di pochi che cercano di decidere per noi cosa farci credere? Oppure no? Mi piace pensare di no, mi piace pensare che non TUTTA l'informazione sia pubblicità, o venga manipolata, che non si scrivano SOLO le notizie che la gente vuole sentire; che un'informazione “oggettiva” esista.

Mi chiedo se i responsabili della diffusione delle notizie abbiano coscienza del compito che gli spetta. Socrate parlava di filtrare l'informazione con il test dei tre colini. Ovvero prima di riferire un'informazione verificare che sia vera, buona e utile. Perché raccontare un'informazione che non è né utile, né buona né vera? Almeno che rispetti uno dei 3 criteri.

Sarebbe illusorio pensare di allontanarci da qualsiasi forma di comunicazione persuasiva, quello che possiamo fare però è ragionare sul suo utilizzo, cercare di conoscerla, al fine di capirne meglio i meccanismi e le tecniche usate, per poi scinderne le intenzioni.

Dovremmo sforzarci di essere un pubblico consapevole, che ragiona attivamente sopra quello a cui è esposto, e solo così formarsi un’idea propria, che sia filtrata dal nostro spirito critico e dalla consapevolezza del modo in cui la stessa è stata elaborata.

Questa comprensione ci dovrebbe permettere di andare al di la di luoghi comuni che sono propri dell’ignoranza e dell’indifferenza e permetterci di accorgerci quando qualcuno cerca di ledere la nostra integrità morale e intellettiva.

Con questo articolo mi auguro di aver sollecitato qualche riflessione e uno sguardo più attento e disincantato sul mondo dell'informazione.

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