venerdì 11 novembre 2011

ESPOSIZIONE DI RISATE TRA UNA PIZZA E UNA BIRRA

La mostra In punta di penna, organizzata dal Goethe Institut di Torino e dall’Università della Valle D’Aosta, è un’iniziativa artistica volta a sottolineare ma allo stesso tempo eliminare gli stereotipi esistenti tra Italia e Germania attraverso disegni di celebri vignettisti tedeschi e italiani.
Bruno Bozzetto
I corridoi dell’Ateneo valdostano ospitano dal 21 ottobre al 30 novembre 2011 una selezione dei migliori lavori che siete ovviamente invitati ad ammirare …
Venite e fatevi un’opinione in merito! Saremo felici di discutere e scambiare idee su una tematica così scottante e attuale, viste le recenti tensioni tra i nostri due paesi. 

Buona visita e a presto !!


Gloria Soave e Naike Marengo

martedì 11 ottobre 2011

Storia dei media

Come sanno i meno di 25 lettori di questo blog, Comunico, dunque bla bla... è nato come supporto didattico al corso di Metodi e prassi della comunicazione dell'Università della Valle d'Aosta.

Quest'anno il tema di fondo del corso è la storia sociale dei mezzi di comunicazione, che seguiremo con l'ausilio del volume di Asa Briggs e Peter Burke, Storia sociale dei media. Da Gutenberg a Internet. Il punto di forza del volume sta nella comparazione fra la situazione attuale della comunicazione di massa, dominata dalla rete, e le fasi storiche dell'evoluzione tecnologica, cultura e sociale dei media. Da questa comparazione si ricava più volte l'impressione che per gli autori del volume la comunicazione di massa rappresenti un piano storico unico e durevoli, nel quale non è possibile rintracciare fratture epocali. Nessun meteorite ha colpito la terra feconda dei media provocando l'estinzione di una specie a favore di una sorta di media sapiens dalle nuove e più complesse capacità di adattamento al nuovo mondo globalizzato e massificato.
La critica, spesso ripetuta nel testo, dell'ipotedi di Habermas sulla costituzione di una opinione pubblica nel corso del Settecento, mette in luce che per Briggs e Burke la storia dei media ha sempre visto come protagonista un pubblico, spesso non soltanto in funzione passiva, sul quale e dal quale le idee moderne hanno potuto esercitare la loro influenza nelle varie fasi dello sviluppo storico. Mi auguro che lo studio di questo volume contribuisca a rendere gli studenti più consapevoli del ruolo essenziale giocato da una comunicazione responsabile e della necessità di coltivare un pensiero critico, aperto e non tendenzioso, che sembra particolarmente utile in questo periodo di forte espansione di un modello di comunicazione e di informazione piegato alle logiche di mercato. Il mercato, come qualsiasi altra attività umana, si può modificare e rendere più adeguato al delicato ruolo che oggi deve esercitare la comunicazione globalizzata.

Il libro affronta i seguenti argomenti (secondo il suo indice):

  • I. La rivoluzione della stampa e il suo contesto
  • II. I media e la sfera pubblica in Europa all'inizio dell'età moderna
  • III. Tecnologie e rivoluzioni
  • IV. Processi e modelli
  • V. Informare, educare, intrattenere
  • VI. Convergenza
  • VII. Ciberspazio e dintorni


Buon lavoro ragazzi!

lunedì 28 marzo 2011

L'influenza del brand sul comportamento: traguardo commerciale o problematica sociale?



Probabilmente già tutti sapete quanto un brand possa influire sul comportamento delle persone e, in linea generale, sapreste individuarne anche il come, tuttavia in questa sede l'intenzione non è quella di ripetere discorsi che avete già letto altrove. C'è ancora qualcosa da dire.


Vorrei illustrarvi questo argomento partendo da un'esperienza personale. Immaginate una stazione ferroviaria, un lunedì mattina: la sala d'aspetto piena di persone, tutti non curanti o quasi di quanto avviene intorno a loro. Solo vedendo entrare due ragazze ed un signore un po' attempato gli sguardi, tra l'incuriosito e l'attonito, si alzano, vagano e studiano, fra un proliferare crescente ed improvviso di voci. Le ragazze, curate nel minimo dettaglio, sembrano essere uscite dalle pagine di una rivista: magre, estremamente truccate per essere le 7.30 del mattino, con la fluente capigliatura bionda ben pettinata, camminano poco stabilmente su tacchi vertiginosi, cercando di celare lo sforzo fisico a cui sono evidentemente sottoposte e la stanchezza mattutina che i loro occhi suggeriscono. Gli abitini succinti e, forse, un po' troppo leggeri per il pungente freddo invernale, lasciano poco all'immaginazione e suggeriscono subito che non sitratta di tre persone comuni che si recano in stazione per prendere il treno; si ha l'impressione che ci sia di più, e che non si tratti di qualcosa di moralmente troppo limpido.


Si denota immediatamente che le ragazze si sentono in imbarazzo per l'improvvisa - e forse troppa - attenzione ricevuta da tutti i presenti nella piccola sala d'aspetto; tuttavia, esortate dal signore che le accompagna, avanzano un poco titubanti verso la vetrata, "così vi si vede bene anche da fuori", dice lui. Mentre camminano, le due giovani tengono stretta tra le mani una borsetta firmata Gucci, mostrandola spavaldamente, orgogliosamente, non saprei dire se più come un trofeo o uno scudo.


Ad un conoscente, il signore che le accompagna e che tanto desta curiosità tra i presenti, spiega la situazione, permettendo a tutti così di ascotare e capire: lui, proprietario di un piccolo cabaret di provincia, ha escogitato questo tipo di pubblicità "diretta", come la definisce, per promuovere la propria attività in maniera un po' più accattivante. D'altra parte c'è la crisi, si sa e poi non vi è nulla di sconveniente perchè le ragazze sono consenzienti ( o accondiscendenti?), devono solo farsi guardare un poco, sorridere e comunque lui le paga, infatti ha regalato ad entrambe una borsa firmata. "Mostratela ragazze!": loro si scambiano uno sguardo di intesa e soddisfatte e sorridenti obbediscono.


Pare che nessuno tra i presenti rimanga troppo stupito, e lo stesso conoscente a cui l'accompagnatore racconta la propria vicenda ride divertito senza dare il minimo peso a quanto gli viene riferito. Nessuno commenta, sembra tutto normale. Ognuno torna a leggere il proprio libro, il giornale, si rimette le cuffie dell'iPod, e lo sguardo si abbassa nuovamente. Dopo qualche minuto di elogio alle ragazze per la loro bellezza, il signore, ad alta voce, ricorda a tutti i presenti che le stesse fanciulle, e molte altre ancora, si esibiranno ed intratterranno tutte le sere i clienti del suo bellissimo cabaret; distribuisce quindi qualche depliant pubblicitario poi, richiamate le ragazze che intanto chiacchieravano silenziosamnete fra loro mostrandosi a vicenda le borsette, orgogliose, esce dalla sala d'aspetto e tutti e tre salgono su una berlina nera che si allontana velocemente dalla stazione.

Rimane però il fatto. Può un oggetto di marca rappresentare qualcosa di così importante, fondamentale, necessario al punto di modificare o piuttosto di determinare il comportamento di una persona?


Il nostro comportamento e le nostre modalità di pensiero risultano essre strettamente legate, ed in larga parte influenzate, dai marchi dei prodotti, secondo quanto riportato da una ricerca americana condotta dalla Duke University di Durahm, nel Nord Carolina. Ciò significa che il brand influenza i possibili acquirenti determinando un comportamento in linea con il messaggio di cui è portatore il brand.

Voglio chiarire quest'ultimo aspetto, apportandovi qualche esempio. La borsetta Gucci di cui ho scritto è un oggetto che, insieme alle altre borse ed accessori di marchi in voga, alla moda, diventa quasi irrununciabile per lo stereotipo della "ragazza moderna". E non importa il costo eccessivo, quasi esorbitante dell'oggetto in questione, non è certo perchè è prodotto, forse, in Italia con materiali particolari e di qualità che lo si acquista. L'importante è che si noti in maniera, direi, sfrontata, che appartenga al marchio alla moda. E com'è curioso - o forse più spaventoso - vedere tante ragazzine in centro città che passeggiano, tutte vestite rigorosamente nello stesso modo, con gli stessi accessori firmati, la stessa borsetta.

Certo, per coloro che si occupano di marketing tutto ciò rappresenta un traguardo, un successo, il frutto di un'arte, quella di influenzare la gente, forse nemmeno così difficile da praticare oggi. Si mette in luce il brand, lo si pubblicizza, così si attirano nuovi potenziali clienti e si fidelizzano quelli già acquisiti. E se l'oggetto di marca costa molto, ancora meglio, tanto ci si può sempre giustificare dicendo che è sinonimo di qualità. O di follia collettiva?


Che cosa significa tutto ciò oltre l'ambito economico - commerciale? Attualmente il carattere sociale di questo argomento non viene affatto preso in considerazione in studi o ricerche; al massimo ci si limita ad affermare che il brand influenza il comportamento del consumatore finale.

Ritorniamo per un istante alle ragazze in stazione, intimidite ma presto rassicurate dalla loro borsetta Gucc, un tesoro stretto tra le mani fresche di manicure. Il marchio non genera solo attrazione verso l'oggetto, la borsa ad esempio, bensì ne mette in risalto anche il possessore. La ragazzina impaurita, insicura, cerca sicurezza nel marchio, provocando un atteggiamneto prepotente, strafottente, di potere e tutto viene così ricondotto ad un brand che non è altro che pura esteriorità, superficialità.

Non importa se sei alta bassa mora bionda laboriosa pigra: se hai una borsa firmata vai benissimo così; è come un passe partout univoco, che funge anche da scudo di protezione, un po' come gli scettri magici delle eroine dei cartoni animati.

Ma è anche un oggetto da baratto: le ragazze che ricevono la tanto sospirata borsa Gucci e si prestano a pubblicizzare con il proprio corpo un locale. Poco importa se sono poco vestite, se si sentono in imbarazzo, se dal loro viso si intravede il disagio, perchè appena si ricorda loro che posseggono quel tesoro cambiano espressione. In fondo, certo, ci hanno guadagnato: un oggetto tanto carico di simbologie tutto per loro!


Le ragazze di cui vi ho parlato sono quello che definirei lo "stereotipo della bellezza famminile" - forse un po' forzata, o solo un èpo' aiutata?- di oggi. Un aspetto, questo, da tenere particolarmente in considerazione, in quanto potrebbe rappresentare una delle possibili chiavi di lettura della problematica che sto affrontanto. Come?

Innanzitutto, cerchiamo di pensare allo stile di vita di queste ragazze e a cosa aspirano, ricordando che occorre fare almeno una distinzione a questo proposito. Vi sono infatti le giovani, magari di buona famiglia, che un po' per vizio e un po' per sfizio desiderano ed ottengono ogni tipo di accessorio firmato, dalla borsa di Gucci, alla cintura, al tipo particolare di calzatura, ad esempio, e poi vi sono quelle che probabilmente di buona famiglia non sono, che ottengono l'accessorio firmato come privilegio per un servizio - di vario genere, direi, ma che quasi sempre interessa la mercificazione del loro corpo - da loro prestato, come nel caso che ho citato delle ragazze in stazione. L'unico denominatore comune fra quelle che potrei definire come "categorie maggiormante influenzabili dal brand" è il senso di appagamento e di soddisfazione di fronte all'oggetto firmato, generato dal fatto di sentirsi più sicure, più spavalde nei confronti degli altri; le differenze invece sono un po' di più, sono sempre di natura negativa come ciò che le accomuna e, soprattutto nel secondo caso, arrivano ad essere davvero raccapriccianti.


Nel primo caso l'amore spasmodico per la marca è, potremmo dire, tutelato dalla presenza di una famiglia, un qualcuno che nutre fino a viziare il bisogno, la voglia, il desiderio irrefrenabile di avere una borsa, o comunque un accessorio firmato per sentirsi più facilmente accettati da un gruppo di persone, di "amici" la cui stima è direttamente proporzionale al numero di accessori Gucci, ad esempio, che si possiedono. La famiglia, o chi per essa, che alimenta, o che comunque non combatte, questo insano aspetto non è certo una giustificazione o piuttosto un aspetto che reca legittimità al fatto, tuttavia si spera che possa fungere da filtro, almeno provando a stabilire un limite a questa "sete di brand".


Nel secondo caso, invece, la situazione si complica poichè non si presuppone più che coloro i quali barattano la borsa o l'accessorio firmato con un servizio offerto dalla ragazza, siano persone affettivamente vicine alla stessa, anzi, molto spesso si tratta di persone che ragionano esclusivamente in termini di bisogno. In questo tipo di situazione, l'influenza del brand diventa un pretesto per qualcosa di molto più sporco e raccapricciante del sentirsi più facente parte di un gruppo. Sto parlando di un mercato di apparenza e manipolazione, dove si sfrutta la vulnerabiliotà di una ragazza magari nulla ( o ben poco) tenente, affascinata dal lusso e dall'eleganza, che tenta di sopravvivere come può e, capendo di poter contare su bella presenza emagari un carattere spigliato, mercifica il proprio corpo. Affascinata dal brand, accecata dalla bellezza dell'oggetto firmato e da ciò che può rappresentare - il passe partout univoco - la ragazza in questione si lascia sfruttare da coloro che non sanno nemmeno cosa sia la decenza ma che conoscono molto bene la vulnerabilità che un brand può generare. Si diventa così protagonisti di una manipolazione subdola, dove si è vittime di qualcosa a cui sono dati molti nomi, come TV, spettacolo, scandali, prostituzione, ma che fa sempre più parte della quotidianità, basti pensare all'esperienza di cui ho scritto all'inizio.


Dunque è un mondo di apparenza e di manipolazione che investe sempre più ambiti della nostra vita, poichè è facilmente ed irrimediabilmente adattabile ad ogni tipo di realtà, dove una ragazza è ritenuta niente di più che una merce, da scambiare infatti con altra merce, come una borsa Gucci. La differenza con il primo caso balza agli occhi, ed il brand oltre che chiave universale diventa anche oggetto di convincimento che il mercificarsi può anche avere aspetti positivi.


Sembra assurdo? Se delle ragazze arrivano fino a questo punto vuol dire che sono abbastanza sbandate da non vedere altra soluzione o, tra le altre, di reputarla la migliore, e la mia esperienza ve lo può dimostrare purtroppo, o per fortuna.

Tuttavia, che si tratti di ragazze di buona famiglia o di giovani sbandate, il brand influenza a tal punto da diventare qualcosa di irrinunciabile.


Per gli scettici che pensano si tratti di una situazione rara a verificarsi, voglio far presente che per il 90% dei giovani in Italia fra i 15 ed i 30 anni, il marchio è talmente importante da spingerli a manifestare le proprie preferenze a riguardo anche su internet, attraverso social network come Facebook e Twitter. Inoltre, almeno il 38% ( una persona su 4 per essere più chiari) dei ragazzi fra i 20 ed i 30 anni segue circa 7 brand online.

E' la realtà, dunque, che ha assunto un aspetto di normalità quasi disarmante e che non coinvolge solo l'ambiente della TV e dello spettacolo: ascoltata la spiegazione del proprietario del cabaret, tutti i presenti in sala d'aspetto abbassano lo sguardo, quasi con un sospiro di sollievo.


Per me si tratta di vera perversione, non di realtà. Per me conta ancora quello che una persona sa trasmettermi, la sua personalità, il suo carisma, e la borsa di Gucci non mi interessa in questo contesto. Ringrazio di non sentire il bisogno spasmodico di un oggetto per presentarmi, per creare delle relazioni, con gli altri, per proteggermi o per imparare a comportarmi. Mi divertirebbe molto vedere come molti basano tutto su un brand, se ciò non mi procurasse un intimo dispiacere. E' un peccato vedere delle ragazze, che sotto un corpo di donna nascondono ancora una bambina impaurita, annullarsi solo per una borsa, comportarsi in maniera talmente innaturale che, se non fosse per quella bambina che è in loro, apparirebbe quasi volgare. Ma in fondo basta non pensarci troppo, in effetti per un compenso simile lo scrupolo può essere soffocato!


E' così assurdo, che definire tutto ciò triste non sarebbe sufficiente e, come nel secondo caso, parlare di vergogna non ridurrebbe certo un fenomeno di tale portata.


Quando tutti hanno abbassato gli occhi, ritornando tranquillamente ognuno alle proprie occupazioni, io, sempre più stupita - o magari inorridita, non saprei - continuo a guardare la scena. Incrocio lo sguardo di una delle ragazze, che appare abbastanza spesata ma tutto sommato felice. Allora mi guarda a sua volta, cerca di sistemarsi un poco il vestitino succinto e probabilmente firmato, poi stringe un po' più a sè la borsa, quasi accarezzandola.








venerdì 11 marzo 2011

Julian Assange e il caso Wikileks

L'uomo oggi è inserito in quello che si può definire la società dell'informazione.

Non c'è rete televisiva ormai che non possieda un proprio spazio informativo, ma internet ha abbattuto le frontiere, permettendo la comunicazione in tempo reale e i giornali onl

ine ne sono un esempio. La caratteristica del giornale digitale sta prop

rio nella rapidità di raccolta e diffusione delle notizie: la rete non dorme mai.

-Julian Assange e il caso Wikileaks-

Pochi

mesi fa l’attenzione dei media si è concentrata sull’enigmatico 39enne australiano Julian Assange, laureato in fisica

all’Università di Melbourne e fondatore di Wikileaks, il sito specializzato in Intelligence che ha consegnato a tre quotidiani 92mila documenti riservati sulle operazione militari statunitensi in Afghanistan. Documenti che hanno infiammato il dibattito su scopo e direzione della guerra americana in Medio Oriente.

Julian Assange ha un passato da hacker: alla fine degli anni ’80, con il nome in codice "Mendax", ha fondato un’organ

izzazione chiamata "International Subversive". La polizia si è accorta presto d

i lui, e nei primi anni ’90 Assange è finito in manette con l’accusa di essersi infiltrato nella rete di computer di una grossa società di telecomunicazioni canadese. Assange, tutt

avia, è riuscito ad evitare la galera grazie a una sentenza favorevole (rischiava 10 anni).

Wikileaks nasce nel 2006 con queste dichiarazioni di Assange: «I nostri bersagli principali sono i regimi oppressivi come la Cina, la Russia, e l’Asia Centrale, ma ci aspettiamo di essere d’aiuto anche per chi in Occidente vorrebbe che fossero denunciati comportamenti illegali e imm

orali dei governi e delle grandi società».

Nel 2008, arriva il riconoscimento da parte di Amnesty International, per le rivelazioni sulle esecuzioni sommarie della polizia in Kenya.

The Economist assegna al sito il premio New Media Award.

http://www.youtube.com/watch?v=7YtM31FvcKk

Tutto cambia quando ad aprile 2010, appare su Wikileaks il video della strage di

civili iracheni da parte di soldati americani. Successivamente, a luglio, escono alcuni documenti segreti sulla guerra in Afghanistan, seguita d

a 400.000 comunicazioni confidenziali sul conflitto in Iraq e tante altre rivelazioni che aumentano a dismisura la visibilità del sito e fomentando critiche. Se da una parte alcuni “vecchi sostenitori” fanno dietro-front, dall'altra Wikileaks acquista una miriade di simpatizzanti che contribuiscono a sovvenzionarlo da tutto il mondo con micro-pagamenti Paypal.

É interessante come un'organizzazione senza sede fisica, né fissa, che si sposta virtualmente dove le leggi sulla libertà d'espressione sono più tolleranti, riesca a sopravvivere con un budget di 200.000 euro l'anno. Molti documenti sono già stati scaricati via Twitter in forma criptata sui computer di decine di followers (per usare un termine “twitteriano”) in modo tale, dice Assange, se dovesse succedere qualcosa a lui o al sito principale, scatta automaticamente la rivelazione della password che consentirà comunque la divulgazione del materiale recuperato. Che sia vero? Di sicuro vera è la frase di Assange: “il coraggio è contagioso, più dimostriamo che la verità è vincente, più avremo nuove rivelazioni”.

Nel dicembre 2010 si diffonde la notizia del mandato di arresto della procura di Stoc

colma per stupro e aggressione contro due donne, per fatti avvenuti nel mese di agosto 2010 con maggiorenni consenzienti (pare che lo stupro nasca dal fatto che il profilattico si sia rotto incidentalmente) e Julian Assange dichiara: "Eravamo stati avvertiti del fatto che avremmo dovuto aspettarci degli sporchi trucchi e ora abbiamo il primo".

L'Espressen, il quotidiano che ha comunicato la notizia, "é solo un tabloid: nessuno è stato contattato dalla polizia svedese". "Sono accuse senza fondamento - conclude - e la vicenda è profondamente inquietante".

Assange decide di costituirsi a Londra il 7 dicembre 2010, mentre lo stato svedese sembra intenzionato a chiedere l’estradizione.

Davanti al Tribunale inglese si sono mobilitate centinaia di persone, tra cui il famoso regista Ken Loach, l'attivista per i diritti umani Jemima Kahn e il giornalista australiano John Pilger, ma non solo, attestazioni di stima giungono da Noam Chomsky, che assieme a diversi intellettuali ha firmato una lettera aperta inviata al premier Julia Gillard, affinchè garantisca un sostegno fattivo ad Assange.

Il 16 dicembre 2010, Assange viene rilasciato su cauzione.

Nel mese di febbraio 2011, Il tribunale deve ancora valutare la richiesta di estradizione da parte della Svezia.

Per terminare...

Nonostante sia contenta che qualcuno abbia finalmente avuto il coraggio di diffondere notizie tenute segrete e si opponga alla manipolazione dell’opinione pubblica cercando di dare voce agli oppressi, sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere i governi al cambiamento, c'è da domandarsi fino a che punto le informazioni devono essere divulgate. La riservatezza, in alcuni casi è necessaria.

Credo che la verità sia il punto di partenza per un possibile cambiamento e valga la pena utilizzare le nostre energie per sostenerla, rimanendo nel rispetto e nell'utilizzo di quest'ultima per il bene comune. Credo inoltre che il senso di responsabilità, di ognuno di noi, possa migliorare notevolmente la nostra società orientandoci ad attuare scelte consapevoli e rispettose.

E voi cosa ne pensate?

giovedì 3 marzo 2011

Comunicazione Positiva o Negativa?


La comunicazione è qualcosa di positivo o di negativo? quando si può reputare tale e perchè?
a mio avviso non è possibile esprimere un parere unanime su una o l'altra qualità, poiché dipende da quale messaggio si sta considerando; molto più interessante credo sia la seconda parte della domanda, ovvero "quando la comunicazione tende a diventare positiva e quando negativa?", e su quale base viene espresso tale parere?.

Il mio parametro di valutazione sarà l'Essere Umano. Sulla base della mia percezione valuterò alcuni esempi di comunicazione negativa e positiva.

Ritengo l'uomo un Essere Divino e straordinario, capace di tutto, in bene ed in male, dotato di immense capacità di creazione ed evoluzione, esteriore ma soprattutto interiore.

Credo che l'Essere Umano esista per essere libero, per poter raggiungere la sola, unica, vera possibilità di riuscita, esprimere la propria essenza più profonda.

Considero tutto ciò che aiuta il miglioramento dell'Uomo Positivo e, tutto quanto lo impedisce, Negativo. Di conseguenza applico lo stesso "criterio di analisi" alla comunicazione.


La comunicazione diventa negativa quando non costruttiva, quando distorce la verità e la purezza delle cose.

La comunicazione diventa negativa quando anestetizza, quando allontana da una possibile evoluzione, non aiutando ad innalzare l'animo, quando annebbia le capacità di discernimento delle persone che la ricevono.

Reputo negativi tutti i messaggi che intendono divulgare idee di intolleranza, di paura, di egoismo, di poco morale, di eccessiva importanza per ciò che è apparente, superfluo per il benessere di una persona.

Per portarvi degli esempi concreti ho scelto immagini prese dalla televisione, in quanto uno dei mezzi di più facile accesso e di più ampio utilizzo oggigiorno.

Un esempio che mi viene subito in mente sono i Reality, di cui ormai ne sono pieni i palinsesti.
Mi sono chiesta come mai ce ne siano cosi tanti e, come mai quasi tutte le reti ne propongano una verione.. mi sono risposta che evidentemente alle persone piacciono.

Mi sono data come spiegazione che tutto questo accade perché, in un modo o nell'altro, i personaggi dei reality sono molto realistici o almeno cosi appaiono, simli alle realtà di molte persone. Di conseguenza usare personaggi che sembrano provenire direttamente dalla popolazione rende tutto più vero; quindi, se essi si comportano in un determinato modo, gli spettatori si sentono più legittimati ad imitarli, si sentono protetti.

L'immedesimazione crea appartenenza, ma in casi come questo si tratta di un'apparteneza fittizzia, non condivisibile concretamente, infatti, la realtà quotidiana della gente è molto più complessa di come può apparire in un reality.
Semplificare alcuni aspetti della propria vita probabilemente può aiutare chi magari è fragile e subisce più facilemte gli eventi, ma semplificare troppo non aiuta a guardare le cose come stanno, non aiuta a prenderne coscienza e a lungo andare questo costringe le persone ad una rigidità interiore.
Ho anche notato che in questi programmi traspare una mancanza di fiducia nell'altro, l'altro non è mai una figura che può aiutare e sostenere, ma è un avversario, uno che in qualche modo potrà solo ostacolarti. Di conseguenza bisogna averne paura, e se possibile demolirlo prima che lui demolisca te.
Perchè invece non ci propongono dei reality dove persone si incontrano e condividono naturalmente la propria esperienza, facendosi forza a vicenda, imparando dalle esperienze dell'altro?; dovrebbero proporci che l'incontro e la condivisione sono il sistema migliore per comprendere e conoscere sé stessi, l'altro può diventare uno specchio, mostrarmi quello che io sono, quanto valgo, quante potenzialità incredibili ho, ed io sarò lo stesso per lui: e così crescere, evolversi, trasformarsi insieme.
Altri esempi che reputo negativi sono le trasmissioni come "c'è Posta per Te" dove si mistificano presunti problemi e sofferenze altrui, non che i panni sporchi si debbano lavare in casa, ma neanche "spiattellare" il dolore davanti ad un pubblico che guarda inerte quasi godendo dello spettacolo.
Sebbene si sappia che i partecipanti ed il pubblico siano fondamentealmente degli "attori" questi sceneggiati riescono a far leva su quella parte di popolazione facilmente influenzabile, che non riesce a fare una distinzione tra la realtà e la finzione.
In programmi di questo tipo vine strumentalizzata l'ignoranza. Questo non lo reputo né corretto né dignitoso e tantomeno utile, dato che l'ignoranza limita l'Uomo.
Mi viene in mente anche la trasmissione "Uomini e Donne", già il titolo sembra dare una definizione dell'Uomo e della Donna ... e poi cosa si vede? Uomini e Donne, giovani e adulti, che cercano di accaparrarsi "l'Amore" del corteggiato con sotterfugi e strategie, come se si potesse ridurre il sentimento dell'Amore ad un gioco di abilità.
Inoltre, quando le tattiche falliscono inizia una strana gara tra i partecipanti ed il pubblico a chi per primo riesce a denigrare chi non è all'altezza di rispettare le regole del gioco.
Anche qui ricompaiono la paura dell'altro, la mancanza di fiducia e l'intolleranza per opinioni diverse dalla propria.
Il rapporto tra Uomo e Donna viene confinato ad essere un vile duello dove bisogna piacere a tutti i costi perché altrimenti non si vale abbastanza.
Ma noi telespettatori, vogliamo davvero credere che sia solo questo? ci accontentiamo di vivere l'Amore per un'altra persona come se fosse una gara a chi arriva primo? una sorta di maratona senza esclusione di colpi?
E l'etica? il rispetto per sé stessi e per gli Altri? la voglia di costruire rapporti basati sulla fidicia, sulla sincerità, sul rispetto reciproco, sulla crescita che si fonda sul confronto?... dove sono? e il Cuore, dov'è?
E .. cosa posso dire sugli esempi di comunicazione positiva?
Ovviamente, tutto ciò che permette la trasmissione di messaggi positivi, di bellezza, di possibilità vere, di speranza, di gratitudine, di coraggio, di voglia di sentirsi migliori e migliorare il mondo attroso a sé e voglia di essere felici davvero.
Quindi tutto ciò che offre la possibilità di prendere ispirazione per trasformare i meglio la propria vita.
Vorrei proporvi l'esempio di un programma per ragazzi, nato negli Stati Uniti, che è andato in onda su MTV, il programma si chiama "If you really know me.."
http://www.mtv.com/shows/if_you_really_knew_me/series.jhtml , che mostra il funzionamento di una attività comune, chiamata "Challenge Day" http://www.blogger.com/www.challengeday.org mirata a far confrontare tra loro un gruppo di ragazzi adolescenti; questa attività li mette in condizione di aprirsi a vicenda , raccontando la propria vita ai compagni. Ognuno di loro può farsi conoscere per quello che è davvero e non per come appare.
Questi ragazzi si affidano gli uni agli altri, attuando un meccanismo di proiezione che li aiuta a mettersi nei panni degli altri per comprenderne i diversi punti di vista.
Hanno l'occasione di rendersi conto che non sono soli e che possono fidarsi dell'altro e non vedere i coetanei come una minaccia.
Credo che esperienze di questo tipo siano davvero importanti, soprattutto per i giovani che stanno iniziando a prendere coscienza di chi sono; poter affrontare uno scambio profondo con altri ragazzi è un buon punto di partenza per costruire la propria vita su valori forti e necessari come il rispetto, la tolleranza, la condivisione, l'assenza di giudizio, incontrare e percepire l'altro senza paura ma con Amore.
Mi fa piacere vedere questo tipo di cose, perché mi rendo ancora più conto che cambiare non è impossibile e che ognuno di noi ha i mezzi necessari per attuare una trasformazione reale. http://www.youtube.com/watch?v=7aKmMGsRvDA


Un altro esempio che mi ha davvero colpito è stato quello di Nick Vujicic.
Questo ragazzo di origine australiano, nacque senza braccia e senza gambe; inutile dire che la sua vita sia stata alquanto complessa e che sia stata dura per lui accettare la sua situazione.
Ma quello che più colpisce della vita di quest'uomo, non è tanto il suo handicap, quanto la forza e la volontà che lui ha utilizzato per affrontare al meglio la sua vita. Ha trovato forza in Dio e nella condivisione profonda con le persone che incontrava.
Considero nick Vujicic un bell'esempio di comunicazione positiva, in quanto lui, oggi, è diventato un Motivational speaker, cioè un "comunicatore", gira per il mondo tenendo conferenze sulla reale possibilità che ognuno di noi ha di vivere un miracolo nella propria vita, perché nonostante tutte le difficoltà che ci riserva, abbiamo sempre la possibilità di rialzarci, di "prenderci in mano" e ricominciare .. trasformando quella che sembra una difficoltà in una straordinaria occasione per rendere la nostra vita incredibile!




Secondo me la TV oggi raramente ci permette di capire e raramente ci da i mezzi per poter anche solo iniziare un processo di questo tipo. Un processo di ricerca interiore che ci permetta di trovare, di comprendere quali sono i valori necessari per attribuire alla nostra esistenza l'importanza che merita. Ci mostra troppo spesso un mondo che deve solo essere giudicato e non compreso, ma giudicando alimentiamo un meccanismo contorto che porta sempre più ad una divisione delle genti e ad una limitazione delle coscienze.

Credo tuttavia che abbiamo i mezzi tecnologici, umani, le conoscenze, anche la forza dentro di noi per decidere di affrontare una scelta importante: scegliere se vogliamo essere felici ed evolverci oppure se restare fermi, ancorati alle nostre debolezze e paure e lasciare che altri decidano "cosa è meglio" per noi. La scelta sembra difficile, in realtà è molto semplice, bisogna solo avere la volontà di fare un salto di qualità, perché il mio Essere è degno di ricevere il meglio.
Non si tratta di cambiare il mondo, ma di cambiare noi stessi! Possiamo "cambiare" il mondo solo attraverso il nostro esempio, fungendo da specchio, possiamo portare ispirazione nel mondo, spetterà poi agli altri decidere se il nostro esempio potrà essere una possibile strada da intraprendere. Il mondo cambierà grazie alle "masse critiche", queste dimostreranno che tutto può mutare e che noi possiamo decidere di portare trasformazione nelle nostre esistenze. Possiamo perché ne abbiamo le capacità!
Adesso.. devi solo Decidere!!

Accolgo ciò che di positivo mi può aiutare ad "ESSERE" nella mia totalità, vedo ed accetto il negativo per quello che è, ma scelgo di non servirmene.

consiglio la visione di:

http://www.youtube.com/watch?v=-n1ehDye_og&feature=related : L'unica rivoluzione possibile è quella interiore - Tiziano Terzani -.



MArtina Scapin