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Bruno Bozzetto |
Venite e fatevi un’opinione in merito! Saremo felici di discutere e scambiare idee su una tematica così scottante e attuale, viste le recenti tensioni tra i nostri due paesi.
Buona visita e a presto !!
Gloria Soave e Naike Marengo
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Bruno Bozzetto |
L'uomo oggi è inserito in quello che si può definire la società dell'informazione.
Non c'è rete televisiva ormai che non possieda un proprio spazio informativo, ma internet ha abbattuto le frontiere, permettendo la comunicazione in tempo reale e i giornali onl
ine ne sono un esempio. La caratteristica del giornale digitale sta prop
rio nella rapidità di raccolta e diffusione delle notizie: la rete non dorme mai.
-Julian Assange e il caso Wikileaks-
Pochi
mesi fa l’attenzione dei media si è concentrata sull’enigmatico 39enne australiano Julian Assange, laureato in fisica
all’Università di Melbourne e fondatore di Wikileaks, il sito specializzato in Intelligence che ha consegnato a tre quotidiani 92mila documenti riservati sulle operazione militari statunitensi in Afghanistan. Documenti che hanno infiammato il dibattito su scopo e direzione della guerra americana in Medio Oriente.
Julian Assange ha un passato da hacker: alla fine degli anni ’80, con il nome in codice "Mendax", ha fondato un’organ
izzazione chiamata "International Subversive". La polizia si è accorta presto d
i lui, e nei primi anni ’90 Assange è finito in manette con l’accusa di essersi infiltrato nella rete di computer di una grossa società di telecomunicazioni canadese. Assange, tutt
avia, è riuscito ad evitare la galera grazie a una sentenza favorevole (rischiava 10 anni).
Wikileaks nasce nel 2006 con queste dichiarazioni di Assange: «I nostri bersagli principali sono i regimi oppressivi come
orali dei governi e delle grandi società».
Nel 2008, arriva il riconoscimento da parte di Amnesty International, per le rivelazioni sulle esecuzioni sommarie della polizia in Kenya.
The Economist assegna al sito il premio New Media Award.
http://www.youtube.com/watch?v=7YtM31FvcKk
Tutto cambia quando ad aprile 2010, appare su Wikileaks il video della strage di
civili iracheni da parte di soldati americani. Successivamente, a luglio, escono alcuni documenti segreti sulla guerra in Afghanistan, seguita d
a 400.000 comunicazioni confidenziali sul conflitto in Iraq e tante altre rivelazioni che aumentano a dismisura la visibilità del sito e fomentando critiche. Se da una parte alcuni “vecchi sostenitori” fanno dietro-front, dall'altra Wikileaks acquista una miriade di simpatizzanti che contribuiscono a sovvenzionarlo da tutto il mondo con micro-pagamenti Paypal.
É interessante come un'organizzazione senza sede fisica, né fissa, che si sposta virtualmente dove le leggi sulla libertà d'espressione sono più tolleranti, riesca a sopravvivere con un budget di 200.000 euro l'anno. Molti documenti sono già stati scaricati via Twitter in forma criptata sui computer di decine di followers (per usare un termine “twitteriano”) in modo tale, dice Assange, se dovesse succedere qualcosa a lui o al sito principale, scatta automaticamente la rivelazione della password che consentirà comunque la divulgazione del materiale recuperato. Che sia vero? Di sicuro vera è la frase di Assange: “il coraggio è contagioso, più dimostriamo che la verità è vincente, più avremo nuove rivelazioni”.
Nel dicembre 2010 si diffonde la notizia del mandato di arresto della procura di Stoc
colma per stupro e aggressione contro due donne, per fatti avvenuti nel mese di agosto 2010 con maggiorenni consenzienti (pare che lo stupro nasca dal fatto che il profilattico si sia rotto incidentalmente) e Julian Assange dichiara: "Eravamo stati avvertiti del fatto che avremmo dovuto aspettarci degli sporchi trucchi e ora abbiamo il primo".
L'Espressen, il quotidiano che ha comunicato la notizia, "é solo un tabloid: nessuno è stato contattato dalla polizia svedese". "Sono accuse senza fondamento - conclude - e la vicenda è profondamente inquietante".
Assange decide di costituirsi a Londra il 7 dicembre 2010, mentre lo stato svedese sembra intenzionato a chiedere l’estradizione.
Davanti al Tribunale inglese si sono mobilitate centinaia di persone, tra cui il famoso regista Ken Loach, l'attivista per i diritti umani Jemima Kahn e il giornalista australiano John Pilger, ma non solo, attestazioni di stima giungono da Noam Chomsky, che assieme a diversi intellettuali ha firmato una lettera aperta inviata al premier Julia Gillard, affinchè garantisca un sostegno fattivo ad Assange.
Il 16 dicembre 2010, Assange viene rilasciato su cauzione.
Nel mese di febbraio 2011, Il tribunale deve ancora valutare la richiesta di estradizione da parte della Svezia.
Per terminare...
Nonostante sia contenta che qualcuno abbia finalmente avuto il coraggio di diffondere notizie tenute segrete e si opponga alla manipolazione dell’opinione pubblica cercando di dare voce agli oppressi, sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere i governi al cambiamento, c'è da domandarsi fino a che punto le informazioni devono essere divulgate. La riservatezza, in alcuni casi è necessaria.
Credo che la verità sia il punto di partenza per un possibile cambiamento e valga la pena utilizzare le nostre energie per sostenerla, rimanendo nel rispetto e nell'utilizzo di quest'ultima per il bene comune. Credo inoltre che il senso di responsabilità, di ognuno di noi, possa migliorare notevolmente la nostra società orientandoci ad attuare scelte consapevoli e rispettose.
E voi cosa ne pensate?
Questo continuo input di dati sottopone il cervello a recepire, filtrare e giudicare i messaggi ricevuti e classificarli in pochi in base alle priorità oltre a valutarne la fonte e decidere che posizione assumere.
In questa miriade di dati mi domando, cos’è oggi l’informazione?
Una delle definizioni è la seguente: “è il diritto che in ossequio al principio della pubblicità dell'azione amministrativa consente ai cittadini di essere informati sui procedimenti in corso, sulla loro durata e sui funzionari responsabili degli stessi, nonché di accedere a notizie e ad atti in possesso della pubblica amministrazione”.
Qualcuno però, oggi sostiene che l'informazione sia stata uccisa dall'attenzione esagerata per l'effimero, dall'eccesso di notizie costruite su altre notizie, in un teatrino di commenti, opinioni e banalità.
A che tipo di informazione siamo sottoposti? A chi spetta il compito di informare? Come ci si deve orientare nella marea di notizie che ci travolgono ogni giorno? Quali fonti considerare attendibili?
Le idee che ci creiamo, la rappresentazione del mondo che ci costruiamo, quanto sono influenzate dai media? Si crede di essere informati su quello che succede nel mondo, ma non è forse questa un'illusione?
Credo si abbia solo un assaggio di ciò che accade, e cioè quello che le reti televisive o i giornali decidono di divulgare. Notizie che ci arrivano per la maggior parte carenti di elementi e spiegazioni.
Ma cosa sappiamo veramente?
Nonostante la facilità con la quale siamo sommersi quotidianamente dalle notizie, ho l'impressione che ci sia più quantità che qualità, è come se avessimo una minore conoscenza che stride in rapporto alla quantità di mezzi di comunicazione a disposizione.
Link: http://www.youtube.com/watch?v=paGkZnwTt3c
I telegiornali hanno a disposizione tempi ridotti, che non consentono di approfondire e, per questo motivo, le reti televisive inseriscono programmi dedicati al dibattito; a questo proposito mi limiterò ad osservare che non sempre questi spazi vengono concessi o sono liberi da “censure” e che ad ogni modo, quello che spesso accade, è vedere questi scambi di opinioni trasformarsi in insulti, che di certo non contribuiscono a chiarire le idee.
Ogni notizia viene influenzata da correnti di pensiero, dalla politica, dall'opinione di chi la trasmette.
Non si può essere così ingenui dal nontenere in considerazione tutto questo quando ci si informa. Mi chiedo se è possibile trovare imparzialità, neutralità, ed oggettività nell’informazione.
L'informazione è per definizione quello strumento che permette la circolazione delle idee, notizie e avvenimenti. Un'informazione corretta ed obiettiva è essenziale nel regime democratico perché ne costituisce il fonda
mento, la garanzia per le scelte dei cittadini e la formazione dell'opinione pubblica. É quindi un servizio formativo, educativo in grado di offrire strumenti critici a chi ne fa uso.
Imparare a valutare gli interessi che stanno dietro alle fonti non è sempre facile, come non lo è a volte valutare la veridicità delle notizie.
Osservare e imparare a fidarsi delle proprie impressioni, avere una verità che orienti, che sia coerente, ragionare, vagliare e informasi sullo stesso argomento da fonti diverse può essere una soluzione.
Ma ci vuole tempo, siamo in un mondo caotico, frenetico, dove il tempo sembra non bastare mai e così si corre il rischio che le persone finiscano per crearsi un'opinione sulla base di un'unica fonte, oppure disincantate perdano la fiducia fino ad arrivare a disinteressarsi completamente.
Un’altra questione che reputo interessante parlando dell’informazione è l’etica; dov'è finita?
Mi chiedo, ma è davvero necessario che tutto sia regolato? Dov'è il buon senso, dov'è il senso di responsabilità?
Perché si vedono apparire sempre più notizie che paiono avere come unico scopo quello di far audience piuttosto che informare la popolazione? Un conto è lo spettacolo (nel quale la nostra società è immersa) un altro è l’informazione; che NON è spettacolo; e il compito di una corretta informazione non può essere quello dell'intrattenimento.
Ogni giornalista dovrebbe rendersi conto della responsabilità che detiene e aver chiaro quali sono stati i criteri che l'hanno indotto a selezionare una data notizia e a reputarla importante da renderla pubblica.
Il giornalista non può essere obiettivo; egli come essere umano interpreta le notizie che riceve, che però è ben diverso dal manipolarle o falsarle, egli infatti deve approssimarsi il più possibile alla verità; egli è responsabile di ciò che scrive. Non ha forse il compito di verificare e accertarsi delle notizie che diffonde? Egli non può spacciare una “sua” verità per LA verità; ed è proprio questo a definire la sua credibilità.
Questa credibilità che è continuamente minacciata dalle commissioni editoriali, dalle rendite di posizione, e dal conflitto di interessi.
Per evitare che il giornalismo perda la sua dignità e credibilità bisognerebbe verificare meglio che le regole deontologiche siano rispettate.
Ho avuto modo di notare la presenza di un’altra importante minaccia nel mondo della trasmissione delle notizie:
Informazione = mercé della pubblicità?
Il problema nasce quando l'obiettivo degli organi d'informazione diventa principalmente quello di ottenere consenso per poter vendere di più. Allora si diffonde solo ciò che la gente vuole “sapere”, solo ciò che colpisce, che fa audience, in modo da poter vendere di più e guadagnare più soldi dagli spazi pubblicitari.
Più lettori/ascoltatori un giornale o telegiornale possiede più quest'ultimi possono guadagnare dalla pubblicità. L'informazione non può basarsi sul successo altrimenti si avrà solo un mercato della pubblicità.
La pubblicità che diventa un tassello della politica, un potere, e non più un fatto neutro, uno strumento usato, ad esempio, per far conosce e vendere un giornale. Oggi si pubblicano giornali per la pubblicità che contengono. I ruoli si sono invertiti.
I giornalisti dovrebbero dire ciò che va detto per divulgare conoscenza tra la popolazione, invece purtroppo, dietro all'informazione c'è un mondo di conflitti di interessi, di corruzione, di giornalisti ricattati o ricattatori. Il “dio denaro” comanda indisturbato mentre il senso del dovere, e di responsabilità viene annientato.
L' Informazione è dunque nelle mani di pochi che cercano di decidere per noi cosa farci credere? Oppure no? Mi piace pensare di no, mi piace pensare che non TUTTA l'informazione sia pubblicità, o venga manipolata, che non si scrivano SOLO le notizie che la gente vuole sentire; che un'informazione “oggettiva” esista.
Mi chiedo se i responsabili della diffusione delle notizie abbiano coscienza del compito che gli spetta. Socrate parlava di filtrare l'informazione con il test dei tre colini. Ovvero prima di riferire un'informazione verificare che sia vera, buona e utile. Perché raccontare un'informazione che non è né utile, né buona né vera? Almeno che rispetti uno dei 3 criteri.
Sarebbe illusorio pensare di allontanarci da qualsiasi forma di comunicazione persuasiva, quello che possiamo fare però è ragionare sul suo utilizzo, cercare di conoscerla, al fine di capirne meglio i meccanismi e le tecniche usate, per poi scinderne le intenzioni.
Dovremmo sforzarci di essere un pubblico consapevole, che ragiona attivamente sopra quello a cui è esposto, e solo così formarsi un’idea propria, che sia filtrata dal nostro spirito critico e dalla consapevolezza del modo in cui la stessa è stata elaborata.
Questa comprensione ci dovrebbe permettere di andare al di la di luoghi comuni che sono propri dell’ignoranza e dell’indifferenza e permetterci di accorgerci quando qualcuno cerca di ledere la nostra integrità morale e intellettiva.
Con questo articolo mi auguro di aver sollecitato qualche riflessione e uno sguardo più attento e disincantato sul mondo dell'informazione.
@aplusk e @mrskutcher sono diventati la prima copia famosa su Twitter, e c’è di più: Ashton Kutcher non solo fu il primo a raggiungere la soglia di un milione di followers su Twitter, ma lo ha fatto prima del canale televisivo CNN! Inoltre lui ha festeggiato l’impresa a casa sua, con sua moglie e qualche amico accanto, e naturalmente, in diretta su internet insieme a migliaia di fan. Il video dell’impresa circola ancora oggi su Youtube. http://www.youtube.com/watch?v=PcZDh8nyGkA
Le cose non si fermano lì; la coppia è costantemente collegata, comunica via Twitter e twitpic: http://socialitelife.com/ashton_kutcher_posts_photo_of_demi_moores_ass_on_Twitter-03-2009
Ashton ha publicato persino delle foto di sua moglie in mutande, iniziando una nuova era di comunicazione on line http://www.youtube.com/watch?v=PEog6HjDskY&feature=related
Oggi lo fanno tutti; nessuno muove un passo senza dirlo su internet. Celebrità pubblicano tutto ciò che gli capita a tiro, e lo fanno anche le persone comuni, incitate da questa febbre di far sapere agli altri ciò che accade nelle nostre vite private. @aplusk e @mrskutcher non sono più d’attualità? Basta guardare la cantante Katty Perry, che si è costruita un’immagine di pin up perfetta e grazie a suo marito, il regista Russell Brand si è ritrovata struccata e appena sveglia su Twitter. La foto non ha durato mezz’ora sulla pagina di Brand, ma è bastato per restarne per sempre in rete, in altri siti.
Twitter infatti è diventato il network delle celebrità per eccellenza. Lì puoi seguire (o, per usare il linguaggio del sito, puoi essere un follower) di chi vuoi, senza distinzioni, senza barriere, senza dover fare richieste di amicizia (come invece accade su facebook o orkut), il che ti rende osservatore e partecipe della vita dei famosi in diretta. Ma è anche possibile collegare gli account, una rete nella rete. Puoi avere Skype, Messenger, Facebook e Twitter collegati, aggiornare e coordinarli insieme.
L’anno scorso sul giornale Times on line, è stata pubblicata una lista dei 50 personaggi più seguiti su Twitter, insieme ad una breve descrizione e una frase del profilo. In questa lista figurano l’attuale presidente americano Barak Obama, la cantante Britney Spears, il rapper Snoopy Dog e lo scrittore Paulo Coelho. Oggi Persino Oprah twitt. http://technology.timesonline.co.uk/tol/news/tech_and_web/article5641893.ece
Non tutto son rose e fiori. Ci sono state anche rotture a causa dei social Network. Si dice che Eva Longoria abbia lasciato Toni Parker dopo aver scoperto la sua relazione con qualcuno conosciuto su facebook. Jim Carrey e Jenny McCarthy hanno comunicato, in twitt separati, che avevano terminato in modo assai civile la loro relazione, che durava da oltre 5 annimentre per Jenniffer Aniston la storia fu un po’ diversa: sembra che lei abbia lasciato John Mayer perché lui aveva moltissimo tempo per i suoi twitt, e invece nessun attimo da dedicare alla scrittura di un messaggio a lei.
Oggi se visiti un blog e lo trovi interessante, puoi pubblicarlo subito sul tuo network. Lo stesso accade per un video su Youtube o anche un articolo su un giornale on line; ripassare informazioni a migliaia di persone è diventato facile e veloce. E non hai bisogno di essere famoso per questo. Ma puoi diventarlo così. Ho un esempio recentissimo: questo sito è nato questa settimana: http://www.givemyiphone.com/, e il proprietario ha già creato una pagina su facebook, nata l’altro ieri: http://www.facebook.com/pages/Give-my-Iphone/157882727596599.
Scommettiamo che in pochissimi giorni lui riuscirà ad attrarre centinaia di persone sulle sua pagine, magari per la semplice curiosità di sapere se Apple gli darà veramente un iPhone?
Ma sfortunatamente non ci sono solo cose simpatiche, carine, divertenti, o strane. Ci sono anche tragedie. In GB una donna di 42 si è suicidata dopo aver lasciato un messaggio sulla sua pagina. E nessuno dei suoi 1042 “amici” è andato a salvarla. http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/annuncia-suicidio-Facebook/05-01-2011/1-A_000116951.shtml
Ci sono stati casi anche di adolescenti che si sono tolti la vita dopo aver letto commenti denigranti di compagni di scuola. In Inghilterra un’adolescente è finita per tre mesi in riformatorio dopo aver minacciato di morte una sua compagna. http://punto-informatico.it/2696812/PI/News/piccoli-bulli-crescono-facebook.aspx
Infatti sono molti i giovanissimi ad aver accesso a internet, senza supervisione dei genitori. Senza una guida, si trovano esposti ed hanno accesso alle stesse informazioni degli adulti tranne che loro non sono ancora preparati a tutto lo stress che questo può generare; sono catapultati nel mondo degli adulti, dell’informazione istantanea, della estrema libertà di parola. Sono in molti a fare i bulli sui social network, che si vantano pure dei loro misfatti sul mondo virtuale, pensando che non saranno mai presi in considerazione, sentendosi liberi di essere cattivi ragazzi; forse non si aspettano di essere scoperti, e di dover poi affrontare anche una punizione che non ha nulla di virtuale. E di storie così ce ne sono a dozzine. http://www.opsonline.it/forum/psicologia-3d/da-facebook-al-carcere-storia-di-tre-bulli-torinesi-102371.html
Se prima si limitavano a mettere la testa dei compagni nel water del bagno della scuola o a fregarli i soldi della merenda, adesso oltre a questo, li deridono pubblicamente in rete, esponendoli al ridicolo non più davanti ad una parte della scuola, ma piuttosto dinanzi all’intero network. Persino i docenti sono diventati vittime dei giovani; non c’è più nessun rispetto.
Non posso lasciar di menzionare che i social network diventano vere e proprie droghe. Secondo i dati contenuti nel dossier “Bambini e adolescenti: un quadro degli ultimi 10 anni” presentato da Eurispes e Telefono Azzurro, l’uso di Internet tra i bambini è passato negli ultimi quattro anni dal 39,2% al 48,2%, mentre per gli adolescenti i numeri sono di gran lunga superiori. Nel 2009 ben il 71,1% degli adolescenti ha un profilo personale su Facebook, che rappresenta la rete sociale più diffusa e frequentata nel mondo
I social network, secondo alcuni psicologi e psichiatri sono diventati delle vere e proprie droghe tanto che sono decine gli utenti malati di Facebook che attualmente, per un uso eccessivo dell’invenzione dell’ex studente di Harvard, sono in cura presso centri specializzati. Negli Stati Uniti è sempre maggiore il numero di giovani che si consapevolizza della loro dipendenza di questi social network; intervistati dal New York Times molti raccontano di aver rinunciato volontariamente a Facebook, e altri sono iscritti a gruppi di sostegno che aiutano nella discussione.
Sono molte le pagine che avvertono dei rischi di dipendenza di questi social network. Ci sono persone che non riescono a sconnettersi per paura di perdersi qualcosa di importante, l’ultima novità, l’ultimo scandalo.
http://www.blonet.it/2010/11/242/facebook-puo-creare-dipendenza-nei-giovani-anche-seria/
In un mondo dove la protezione della privacy era diventata una preoccupazione gigantesca, i social network hanno messo a repentaglio, con tutte queste persone che pubblicano spontaneamente cosa fanno, dove stano e con chi in tempo reale. Con l’aumento delle vendite degli smartphone in Italia (15 milioni in più nel solo primo trimestre del 2010) viene da chiedersi se non ci stiamo piano piano avviandoci verso lo scenario apocalittico immaginato nel cartone animato Wall-E. Speriamo di no.
Paula de Oliveira